Saint Seiya Omega, la nuova serie animata dedicata ai Cavalieri dello Zodiaco e ambientata una quindicina di anni nel futuro rispetto alla serie classica, è ormai arrivata alla sua decima puntata. Ho preferito evitare di scriverne finora per aspettare che il progetto fosse ben avviato, in modo da poter esprimere un giudizio più completo di quello fondamentalmente negativo che avevo maturato guardando le prime due o tre puntate. Non che sia servito a molto.
La trama: tredici anni fa Pegasus Seiya, divenuto cavaliere d’oro del Sagittario, ha salvato la vita al piccolo Kouga e alla dea Atena, che stavano per essere attaccati dal dio Marte. Oggi, Kouga ha ereditato l’armatura di Pegasus e insieme a una nuova generazione di guerrieri della speranza dovrà affrontare Marte e porre fine ai suoi piani di conquista.
La serie presenta un concept lineare, tutto sommato banale, una trama articolata il giusto e numerose differenze di contesto e di dinamiche rispetto alla serie storica. Nel mezzo, insieme ai gustosi riferimenti e alle comparsate dalla serie classica, una bella marea di insensatezze e voragini di sceneggiatura che al confronto proprio la serie classica è un esempio di coerenza e precisione (e potete approfondire l’argomento nell’Antro Atomico).
Il proposito del progetto Saint Seiya Omega, come intuibile, era di sfruttare la fama di una serie animata storica come I cavalieri dello zodiaco aggiornandola al gusto dei ragazzini giapponesi del 2012. Il che si poteva anche fare in maniera intelligente e ben strutturata, e invece il tutto si è tradotto in un appiccicaticcio di elementi presi a piene mani da manga e anime di successo degli ultimi anni, innestati a forza su una struttura che non riesce ad amalgamarli; e così abbiamo per esempio l’introduzione di poteri elementali e persino di un cavaliere ninja copiati da Naruto, l’ambientazione accademica alla Utena/Harry Potter, trasformazioni alla Pretty Cure, e via dicendo. Tutti elementi che peraltro nei manga e negli anime in questione funzionano più che bene, ma che con Saint Seiya e la sua mitologia non c’entrano nulla.
Tutto da buttare dunque? No, e questo fa ancora più incazzare. Ad esempio, la decima puntata è molto buona e dimostra che lo staff di Omega saprebbe pure il fatto suo. Il character designer, Yoshihiko Umakoshi, per esempio, è un signor professionista, che ha curato tra le altre cose quel gioiellino di Kyashan Sins. La regia delle singole puntate, supervisionata da Morio Hatano, non sarà strepitosa, ma fa il suo lavoro e offre qualche bel momento di pathos, grazie anche all’inserimento in colonna sonora di alcuni brani della serie classica.
E quindi cosa dobbiamo concludere? Che, nel tentativo di costruire un prodotto che faccesse buoni ascolti, si è puntato all’uniformazione e partendo da una serie che ha fatto la storia dell’animazione giapponese si è preferito andare cauti e obbligare uno staff potenzialmente capace a lavorare a trame e intrecci che non traumatizzassero troppo i bimbetti. Nell’assurda convinzione, tipica di questo ultimo decennio, che i bambini non vadano sfidati e stimolati, ma assecondati e protetti, Dio solo sa da cosa.
Perfettamente d’ccordo su tutto. Una serie ridicolmente infantile nel senso peggiore del termine, piena zeppa di incongruenze e buchi di sceneggiatura.
Un’occasione persa…una delle tante sui CdZ che ormai nn soo altro che un merchandise da spremere più possibile.