All’inizio di ogni festività, un creativo si alza e sa che dovrà correre più veloce di tutti gli altri per portare a casa una campagna di comunicazione originale e incisiva.
La Festa della Donna non fa eccezione. Ma, se in passato l’8 marzo era uno spunto per confezionare spot di prodotti più o meno stereotipicamente collegati al mondo femminile, negli ultimi anni grazie a una rinnovata percezione delle questioni di genere è stata sempre più l’occasione per avviare campagne di branding capaci di riflettere sul ruolo della donna nella società contemporanea.
Ecco dunque cinque spot bellissimi (+1 bonus in fondo) diffusi negli ultimi anni da vari brand in occasione della Festa della Donna.
5. Kinder Cereali: posso aiutarti mamma?
Lo spot in sé e per sé è stato diffuso poco dopo la metà di febbraio 2015, ma l’8 marzo di quell’anno è andato a sostituire sulle reti televisive italiane tutti gli spot del gruppo Ferrero inizialmente pianificati.
#PossoAiutartiMamma si pone sul solco dei video-esperimenti sociali con morale (tipo il mitico Dove Real Beauty Sketches, per intenderci e per restare in tema): alcune donne, con la complicità dei loro familiari, sono invitate a un provino. Quando iniziano a leggere i testi loro assegnati dall’addetto al casting, si rendono conto che non sono monologhi teatrali, ma accorate lettere che i loro mariti o i loro figli hanno dedicato loro, promettendo di aiutarle di più.
È l’unico spot italiano della lista e rispetto ai prossimi che vedremo si percepisce nettamente la difficoltà nello scardinare lo stereotipo della donna pensata solo come mamma o donna di casa, ma la resa finale è comunque ottima, al punto che lo spot e il progetto a esso collegato, ideati dall’agenzia Providence Italia, sono stati premiati con l’Interactive Key Award a maggio 2017.
4. Clinton Foundation: We’re Not There Yet
“Non ci siamo ancora” recita il titolo di questa campagna sviluppata per la Clinton Foundation dall’agenzia Droga 5 (gli stessi che appena poche settimane fa hanno fatto parlare di sé con il falso trailer di Dundee!) sempre in occasione della Festa della Donna del 2015.
Il video qui sopra è solo il punto di arrivo di una campagna che nasce dal report sull’eguaglianza di genere che l’iniziativa No Ceiling della Clinton Foundation aveva stilato in quello stesso anno. Per rendere immediatamente evidente l’esito finale di quelle analisi e di quel report, vale a dire che per l’appunto in tema di gender equality “ancora non ci siamo” e c’è molto lavoro da fare, Droga 5 ha reso l’assenza immediatamente palpabile.
In partnership con numerosi brand, tra cui Conde Nast, le donne sono state rimosse da cartelloni, arredi urbani e cover di riviste quali Vogue e Glamour e sostituite dall’URL del sito della campagna Not-there.org. Sul sito è tuttora possibile vedere per l’appunto il video qui sopra, in cui (non) compaiono star del calibro di Cameron Diaz e Sienna Miller a commentare i risultati della ricerca con stupore e ironia.
3. P&G: We See Equal
Un messaggio molto semplice e chiaro quella della campagna #WeSeeEqual ideata da Badger & Winters per P&G in occasione della Festa della Donna 2017.
Immagini a volta familiari a volte sorprendenti (alcune giurerei che siano tratte da altre campagne pubblicitarie) sono intervallate da brevi copy molto potenti, come “agli abbracci non importa chi è a darli”, “alle equazioni non importa chi è a risolverle”, “alle lacrime non importa chi è a versarle” o “alla scienza non importa chi è a studiarla”.
Chiusura: “Da P&G, la vediamo alla stessa maniera”.
2. Nike: This is us, What will they say about you e What are girls made of
Ok, qui sto un po’ barando perché gli spot che sto citando per Nike sono tre, ma sono tutti e tre parte della stessa campagna, tutti e tre ideati dall’agenzia W+K Amsterdam e tutti e tre sono stati lanciati in occasione della Festa della Donna del 2017, ciascuno con lo scopo di raccontare il brand Nike in un diverso paese “orientale”.
Tutte e tre gli spot partono dallo stereotipo di genere e lo rielaborano.
In This is us (Turchia) sentiamo una voce femminile che snocciola luoghi comuni sulle donne che vengono però ribaltati subito dopo nelle immagini che talvolta li contraddicono, talvolta li ridefiniscono (ad esempio la frase “Ci piace l’oro, ci dona molto” si sovrappone all’immagine di un’atleta che indossa una medaglia d’oro).
What will they say about you (Medio Oriente) pone l’attenzione su cosa gli altri potrebbero pensare di una donna indipendente e che pratica sport tramite un monologo che parte dalle critiche più trite per poi arrivare a un’interpretazione più giusta e corretta (“Cosa diranno di te? Che non dovresti essere qui fuori? Che non è femminile? Che non sei fatta per queste cose? O forse… diranno che sei forte. Che non puoi essere fermata. Che troverai sempre una soluzione. Che lo fai sembrare facile. Che lo fai sembrare… bello. O forse diranno che sei… la prossima che riuscirà a lasciare tutti a bocca aperta!)
What are girls made of (Russia) riprende una filastrocca popolare russa ribaltandone il senso: una bambina sul palco di un teatro inizia a cantare il testo originale della filastrocca, che racconta come le ragazze siano fatte “di fiori, anelli, di chiacchiere e marmellata”, ma quando irrompono in scena alcune atlete le carte in tavola si ribaltano e dalla seconda strofa il testo della filastrocca inizia a differenziarsi di molto da quello classico.
1. Microsoft: Make What’s Next
Ditemi il nome di un inventore. Ok, ora ditemi il nome di un inventore femmina. Sono queste le due semplici domande che vengono poste a queste bambine appassionate di scienza nella bellissima campagna #MakeWhatsNext firmata dall’agenzia m:united (gruppo McCann) per Microsoft in occasione della Festa della Donna 2016.
Alla prima domanda le bambine rispondono facilmente, d’altra parte da quando hanno iniziato ad avvicinarsi alla scienza non si sono trovate davanti che nomi maschili. Alla seconda invece non sanno cosa rispondere: ci sono delle inventrici? Se esistono, non ne hanno mai sentito parlare. Ma se insegniamo alle bambine che nella storia gli inventori sono tutti maschi (e non è vero) come troveranno la forza di credere che anche loro possono fare la differenza?
Ed è dalla sorpresa che provano nel vedere questa lunga carrellata di nomi di donne che hanno inventato grandi cose che le bambine del video capiscono che forse, sotto sotto, si sono sempre un po’ sottovalutate.
«Celebriamo tutte le cose che le donne hanno inventato», chiosa lo spot, «Allora… Rebecca, Courtney, Rose, Sarah, Sofia, Jenny, Kalia, Giana, Misha, Alyssa, Salima… tu, cosa inventerai?».
Bonus. Always: Like a Girl
Ultimo spot bonus, fuori dalla classifica perché non è stato diffuso in occasione della Festa della Donna ma è talmente bello che è un vero peccato non citarlo in un articolo come questo.
Cosa significa fare qualcosa “come una femmina”? Lanciare una palla “come una femmina”. Correre “come una femmina”. Combattere “come una femmina”. La risposta data dai maschi o dalle ragazze che hanno già superato la pubertà è molto diversa da quella che darebbero delle bambine.
È da questa intuizione che nasce lo spot di Always (primo di una campagna più ampia poi proseguita negli anni) #LikeAGirl, ideato non per niente dall’agenzia Leo Burnett e balzato agli onori della cronaca quando è stato mostrato in televisione in occasione del Super Bowl del 2015 (ma la campagna web, se ho ben ricostruito la vicenda, era stata già avviata qualche mese prima).
In quale momento l’espressione “come una femmina” è diventata un insulto? Perché a un certo punto, durante la pubertà, le ragazze assorbono acriticamente il modo di dire e accettano che fare qualcosa “come una femmina” significhi farlo debolmente, male, magari in maniera un po’ ridicola? Le parole sono importanti e vanno rivendicate.
La proposta con cui Always chiude lo spot è di ribaltare il senso dell’espressione: «Facciamo in modo che ‘come una femmina’ significhi cose stupefacenti».