Mi sono imbattuto quasi per caso in un intervento di David Lynch sul suo processo creativo e, in particolar modo, su come procede nella stesura delle sue sceneggiature.
Ve lo riporto di seguito per intero (in fondo potete anche vedere il video in inglese). Se vi interessa entrare ancora di più nei processi mentali dell’autore di Strade perdute, Mullholland Drive e Twin Peaks, consiglio la sua autobiografia In acque profonde, che però al momento è fuori catalogo (ma sicuramente in qualche biblioteca potete recuperarla).
«Scrivere sceneggiature è per lo più una questione di buon senso. Se ti viene un’idea, inizi in qualche modo a visualizzarla. E se qualcuno ti chiede di scrivere questa idea per poterne fare un film – che è il tuo obiettivo – cerchi di fare in modo che le parole spieghino qual è questa idea. È un tantino complicato, ma non poi così difficile.
Certo, ci sono delle sceneggiatore grandiose e altre che lo sono molto meno. Ma già se inizi a buttare giù le idee, scriverle per te stesso, per non dimenticarle, in un certo senso hai già quella che può definirsi una specie di sceneggiatura. È solo uno scheletro, abbastanza per non dimenticare le cose e vederne la forma in modo da passare allo stadio successivo, che è per l’appunto il film.
Poi all’American Film Institute ho conosciuto Frank Daniel, che era preside della scuola, e lui insegnava un modo per svolgere questa operazione. Ti procuri un pacchetto di cartoline 3×5 e scrivi una scena per ogni cartolina. E quando ne hai 70, hai il tuo lungometraggio. In ogni cartolina scrivi l’intestazione della scena: la prima scena, poi la seconda, la terza… Quando hai settanta cartoline, ognuna con scritto sopra il nome della scena, espandi ognuna delle cartoline e ci sei, hai una sceneggiatura.»
È un tantino complicato, ma non poi così difficile, dice David Lynch. Capito?