Nel recente speciale di Natale di Doctor Who (dal significativo titolo Twice upon a Time, “C’era due volte”) è giunta al termine l’avventura di Peter Capaldi nei panni del Dottore. Dopo aver incontrato se stesso da giovane (David Bradley che sostituisce William Hartnell nei panni del Primo Dottore), Dodici accetta il processo di rigenerazione. Un momento di svolta importante per la più longeva serie televisiva di sempre, dato che per la prima volta, in autunno 2018, a interpretare il Dottore sarà una donna, Jodie Whittaker.
Capaldi è stato un ottimo Dottore. È stato penalizzato forse da una stagione introduttiva un po’ debole, ma la sua interpretazione e il suo approccio al personaggio gli hanno permesso di conquistare il pubblico sin dall’inizio. Ora che, con grande rammarico dei fan ma con grande curiosità per il nuovo corso, sia lui che lo showrunner Steven Moffat abbandonano lo show, vediamo insieme 6 scene indimenticabili del dodicesimo dottore.
6. Che cos’è il progresso umano?
In questa scena il Dottore non parla con un alieno, un mostro conquistatore o un qualche demone dall’iperspazio, ma con un essere ancora più abbietto: un industriale. Inutile dire che il Dottore, un alieno, si dimostra molto più umano di lui e dà una definizione incredibilmente puntuale di quali sono i giusti punti di riferimento per capire il grado di “progresso” a cui è arrivata una civiltà.
«Il progresso umano non si misura sulla base dell’andamento delle industrie. Si misura sulla base del valore che dai a una vita. Una vita non importante. Una vita senza privilegi. Il ragazzino che è morto nel fiume: il valore di quel ragazzino è il vostro valore. È questo che definisce un’epoca. È questo che definisce una specie».
5. So perché ho scelto questa faccia
A ogni rigenerazione, il Dottore cambia faccia. Ma come viene scelta questa faccia? A volte è una scelta obbligata da altri, a volte c’è modo di pilotarla. A volte, forse, c’è un messaggio inconscio che il Dottore vuole lanciare a se stesso. È il caso del volto di Peter Capaldi, che nel momento in cui ha ereditato la TARDIS aveva già fatto una comparsata nella serie ai tempi di David Tennant nei panni di Caecilius nel meraviglioso episodio I fuochi di Pompei.
In quell’occasione, il Dottore si era ritrovato a Pompei proprio nei giorni dell’eruzione del Vesuvio che avrebbe sepolto la città. L’evento è un punto fermo nel tempo, vale a dire che sventarlo causerebbe conseguenze disastrose per lo spazio tempo. Alla fine della puntata, il Dottore se ne sta per andare lasciando Pompei al suo destino ma Donna Noble (la miglior companion di sempre!) lo convince a salvare almeno una famiglia, per l’appunto quella di Caecilius.
«Non c’è niente che io non possa fare. Niente. Ma non dovrei farlo! Increspature, maree temporali, regole. Non dovrei farlo! […] Oh! La mia faccia! Credo di sapere perché l’ho scelta […]. So da dove ho preso questa faccia, so per quale motivo l’ho scelta! Per ricordarmi! Per tenere sempre a mente una cosa: io sono il Dottore… e salvo le persone! E se qualcuno ha qualcosa da ridire a riguardo… che vada al diavolo!»
4. Perché lo fa
Perché il Dottore fa quello che fa? Perché qualcuno dovrebbe decidere di volare per l’universo in una scatola blu e salvare intere civiltà? In questo magistrale confronto con due incarnazioni della sua nemesi, il Maestro, il Dottore di Capaldi risponde alla domanda.
Maestro: «Non puoi vincere»
Dottore: «Lo so. E allora? […] Tra poche ore sarò morto, quindi chiariamo questa cosa una volta per tutte. Pensate che si tratti di vincere? Io non sto cercando di vincere! Non faccio quello che faccio perché voglio sconfiggere qualcuno o perché odio qualcuno o perché ce l’ho con qualcuno. Non lo faccio perché è divertente, e Dio sa che non lo faccio perché è facile! E non lo faccio nemmeno perché funziona, dato che la maggior parte delle volte funziona a malapena! Io faccio quello che faccio perché è giusto! Perché è corretto. E soprattutto perché è gentile! Semplicemente, per questo. Semplicemente perché è gentile… »
3. The Little Bird
Degna conclusione di una delle puntate più belle – se non la più bella – del tredicesimo dottore, Heaven Sent. Il dottore è rinchiuso in un loop temporale, per liberarsi deve sfondare un muro durissimo. Non ha armi dalla sua parte, ma una cosa ce l’ha: il tempo. Mentre i millenni passano, il Dottore giorno dopo giorno colpisce il muro. In un montaggio serratissimo, ogni giorno il dottore muore, ucciso dal suo carceriere, e risorge all’infinito e nel farlo racconta la storia di un pastore saggio a cui viene chiesto “quanti secondi dura l’eternità?”.
«Il pastore rispose: ‘C’è una montagna di puro diamante. Ci vuole un’ora per scalarla e un’ora per aggirarla. Ogni cento anni, un uccellino arriva e si affila il becco sulla montagna di diamante. E quando tutta la montagna di diamante sarà distrutta, il primo secondo d’eternità sarà passato’. In questo momento starai pensando che si tratta davvero di un tempo molto lungo. Personalmente, io penso che quello sia un uccellino davvero fenomenale!»
2. Monologo della rigenerazione (spoiler per chi non ha visto lo speciale di Natale!)
Come già era stato per Eleven, Moffat scrive un monologo su misura per Capaldi (e per se stesso), in cui maschera e attore si mischiano, e non sai se chi sta parlando è il personaggio, il suo interprete o il suo scrittore.
«Aspetta un momento, Dottore! Questa volta, facciamolo per bene… devo dirti un paio di cose.
Iniziamo con i fondamentali: non essere mai crudele, non essere mai codardo! E non mangiare pere, mai e poi mai!
Ricorda: odiare è sempre stupido, amare è sempre saggio. Cerca sempre di essere simpatico, ma non mancare mai di essere gentile!
Oh, e non devi dire a nessuno il tuo nome! Comunque, nessuno lo capirebbe. A parte… a parte i bambini. I bambini possono sentirlo. Qualche volta, se il loro cuore è nel posto giusto e lo sono anche le stelle, i bambini possono sentire il tuo nome. Ma nessun altro. Nessun altro, mai.
Ridi forte, corri veloce, sii gentile.
Dottore… ora ti lascio andare»
1. Parlare di guerra con uno Zygon
Un rappresentante della razza umana (Kate Lethbridge-Stewart) e un rappresentante della razza aliena degli Zygon (che sta tentando di conquistare il pianeta Terra dopo anni di pacifica convivenza) sono uno di fronte all’altro. Entrambi hanno davanti una scatola con un pulsante. Premendo uno dei due pulsanti, la razza umana sarà sterminata. Premendo l’altro, saranno sterminati gli Zygon. Me nessuno dei due sa quale pulsante ha di fronte a sé, se quello che segnerà il destino della propria razza o quello in grado di decimare il nemico. C’è una situazione di stallo, ed è stata ideata dal Dottore stesso. Ma perché?
Dottore: «Questo non è un gioco, Kate! È un modello in scala della guerra. Qualunque guerra mai combattuta è qui davanti a voi! Perché funziona sempre nello stesso modo: quando spari il primo colpo, per quanto tu ti possa sentire nel giusto, non hai idea di chi morirà. Non sai di chi saranno i bambini destinati a urlare e bruciare! Quanti cuori saranno infranti, quante vite spezzate! Quanto sangue dovrà essere versato prima che tutti facciano quello che avrebbero potuto fare dall’inizio: SEDERSI. E. PARLARE!
Ascoltami, ascolta… Voglio solo che tu ti fermi un attimo a pensare. Sai cosa significa “pensare”? È solo una parola buffa che sta per ‘cambiare idea’.»
Zygon: «Non cambierò idea»
Dottore: «Allora morirai da stupida. In alternativa, potresti allontanarti da quella scatola, potresti uscire da quella porta e fermare la tua rivoluzione»
Zygon: «No. Non la fermerò, Dottore. L’ho iniziata. Non la fermerò. Credi che mi lasceranno andare dopo tutto quello che ho fatto?»
Dottore: «Siete tutti uguali, voi ragazzini piagnucolanti, lo sai? ‘Guardami, sono imperdonabile!’, beh, ecco la risposta che non ti aspetti: io ti perdono. Dopo tutto quello che hai fatto, io ti perdono.»
Zygon: «Tu non capisci. Tu non capirai mai.»
Dottore: «Io non capisco? Stai scherzando? Io? Ma certo che capisco. Voglio dire, questa cosetta che hai organizzato la chiami ‘guerra’? Questa non è una guerra! Io ho combattuto in una guerra più grande di quanto tu possa mai arrivare a comprendere, ho fatto cose peggiori di quanto tu possa immaginare. E quando chiudo gli occhi… sento più grida di quante chiunque riuscirebbe mai a contarne. E sai cosa si fa con tutto quel dolore? Devo dirti dove lo metti? Lo tieni stretto finché non ti brucia la mano. E fai un giuramento: ‘Nessun altro dovrà mai più vivere in questo modo, nessun altro dovrà provare questo dolore. Non sotto i miei occhi!’.»