Alla fine ce l’ho fatta: ho completato il recupero di tutte e nove le stagioni di The Office, versione statunitense (con un vulcanico Steve Carrell) della serie ideata per il mercato britannico da Ricky Gervais. Devo dire che fino all’ottava stagione sono riuscito a comportarmi con una certa dignità e centellinare le puntate, ma la nona me la sono fatta fuori tutta in un week-end.
La scrittura è geniale: vulcanica, versatile, sorprendente. Al di là della grande capacità di produrre one-liner e situazioni sempre nuove e imprevedibili, dopo una prima stagione abbastanza seduta e statica, a partire dalla seconda la serie inizia a lavorare sui personaggi in maniera più chiara e farli muovere in una progressione che culmina per ciascuno in una trasformazione vera che non li snatura ma li rafforza.
Come diavolo fai a scrivere una serie così?
Andiamo a scoprirlo insieme…
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DELL’EPISODIO PILOTA DI THE OFFICE
Partire da una metafora visiva
Michael Schur, produttore e sceneggiatore, riferisce che nelle prime fasi di sviluppo della serie l’ideatore Greg Daniels aveva spiegato al team di scrittori il senso dello show con una metafora viviva molto chiara: l’immagine di un ampio e noioso parcheggio pavimentato in cemento grigio con una crepa in un angolo da cui spuntava un timido fiorellino.
Non sarà un’immagine originalissima, ma ha reso evidente da subito al team che The Office sarebbe stata una serie sulla noiosa e spersonalizzante vita d’ufficio e su come anche in quel contesto possano riuscire a nascere cose belle.
Il Blue Sky Period
Con il termine “blue sky period” ci si riferisce in gergo a una fase di brainstorming totalmente libero.
Nel caso di The Office, riferisce B.J.Novak (sceneggiatore e interprete del personaggio di Ryan), prima di iniziare a lavorare a ogni singola stagione «per due, tre o se avevamo tempo anche per quattro settimane, ogni singolo giorno di lavoro nella writers room consisteva nell’ipotizzare scenari chiedendosi ‘e se…?’ senza limitazioni di alcun tipo. E se Dwight andasse sulla luna? E se Jim e Pam divorziassero? Ogni idea era valida».
L’episodio in cui Michael investe accidentalmente Meredith nel parcheggio della Dunder Mifflin (s04e01), ad esempio, è nato dalla domanda “e se Michael uccidesse Meredith investendola per sbaglio?”.
Il valore aggiunto degli attori
Venendo dal Saturday Night Live, Greg Daniels ha cercato da subito di selezionare attori che fossero anche scrittori. In questo modo era possibile coinvolgerli direttamente nella definizione degli archi dei rispettivi personaggi e accogliere suggerimenti. Al punto che il vissuto stesso degli attori è talvolta confluito all’interno del rispettivo personaggio.

Ad esempio, parlando della caratterizzazione di Dwight, Daniels racconta: «Spesso quando scrivi qualcosa sulla backstory di un personaggio, l’attore deve portarci delle sue foto da giovane… e Rainn Wilson è arrivato con un suo album fotografico. Lui è cresciuto tipo nelle campagne dell’Oregon. E ha iniziato a raccontarci di tutto questi suoi zii e zie e di tutta questa gente di campagna. E dato che non volevamo che il suo personaggio fosse un nerd mono-dimensionale, questo ci ha dato l’idea per renderlo una sorta di nerd da fattoria».
Anche l’improvvisazione giocava un ruolo fondamentale. «Lo show è scritto al 100%, tutto è messo su carta, i nostri sguardi in camera, le esitazioni… tutto», riferisce Jenna Fischer, che nella serie interpreta Pam. «Sta a noi far sembrare il risultato fresco e naturale. Ma abbiamo anche spazio per giocare un po’. Steve [Carrell] e Rainn [Wilson] sono improvvisatori eccezionali!»
Come si strutturava il lavoro di scrittura
Sul dettaglio di come si strutturava il lavoro sulle singole sceneggiature ci viene in soccorso Mindy Kaling, scrittrice per la serie sin dalla prima stagione e interprete di Kelly Kapoor.
Intervistata nel 2020 da Stephen Colbert nell’ambito del Filmclair Film Festival, ha raccontato che erano gli autori principali (Greg Daniels e gli altri produttori esecutivi) a decidere gli eventi portanti delle singole puntate e definire gli archi narrativi delle stagioni.
Gli staff writer invece, tra cui la stessa Mindy, lavoravano a livello più micro, scrivendo le sceneggiature dei singoli episodi e partecipando ai numerosi momenti di confronto comune che precedevano e seguivano la fase di scrittura.
Ogni singola puntata, prima di procedere alla stesura dello script vero e proprio, veniva infatti discussa da tutto il team di sceneggiatori, che definivano insieme i beat della storia, il dipanarsi degli eventi, e cosa sarebbe successo nella storyline A e nella storyline B.
Questi passaggi principali venivano segnati su cartellini colorati (un colore per la storyline A e uno per la storyline B) e posizionati sulla lavagna e poi scambiati, riscritti, cestinati, reinventati con l’intervento di tutti i presenti. Già in questa fase potevano emergere battute, scambi e situazioni che se trovavano un buon riscontro venivano annotate e possibilmente inserite nella prima stesura della sceneggiatura.
Tutto questo materiale era il punto di partenza per lo sceneggiatore del singolo episodio, che provvedeva a mettere in fila il tutto aggiungendo ovviamente del suo.
Una volta ultimato lo script, la riscrittura e correzione era di nuovo svolta comunitariamente: la writing room si riuniva script alla mano e ciascuno poteva provvedere a proporre battute e correzioni.