Bianca Noir Capitolo 10: il lieto fine

È passato ormai qualche anno dall’uscita di C’era una volta, la bella antologia dedicata al mondo delle fiabe a cui ho partecipato con il mio Bianca Noir (ne avevamo parlato qui). Dato che è passato tutto questo tempo, ho deciso di ripubblicare quel racconto qui sul blog a puntate. E con questa decima puntata siamo arrivati al gran finale!

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Bianca Noir Capitolo 10: il lieto fine

Genio è teso, si vede che non è a suo agio. Ogni tanto lancia un’occhiata verso l’approdo sicuro che è l’ingresso del Lamp. In qualche modo sta tenendo a bada la sua agorafobia; chissà per quanto durerà! Ma ora che lui è sceso in campo, i pronostici si sono ribaltati. La Regina, per quanto possa essere potente, è pur sempre un essere umano, mentre Genio è una creatura nata nella magia pura.

«Alla strega penso io», mi dice senza esitare. «Tu occupati di Azzurro.»

Non aspettavo di meglio. Mentre alle mie spalle si consuma uno scontro epico, impugno la mia vecchia accetta, l’unica arma che mi è rimasta, e fronteggio Azzurro, che già brandisce la sua spada. Io sono stanco e un po’ ammaccato dalla recente battaglia con le guardie, ma sono anche motivato, molto più di Azzurro. E poi, il suo modo di combattere è scolastico e prevedibile. È un uomo che è riuscito a compiere grandi imprese solo grazie all’aiuto di una strega. Non c’è partita: in poche stoccate, la sua spada vola in aria e lui è disarmato di fronte a me e alla mia ascia.

Non penso nemmeno per un istante che valga la pena di risparmiarlo. È un essere spregevole, che ha vissuto troppo a lungo. Mentre sollevo l’arma al di sopra della mia testa, il verme inizia a piagnucolare cose sulla solitudine e l’immortalità, sul fatto che per lui sarebbe stato impossibile condurre una vita normale e cazzate di questa risma. Io gli rispondo: «se l’immortalità è questo gran problema, lo risolviamo subito».

Ma un lampo verde esplode di colpo nel cielo, accecandomi. Quando recupero la vista, mi rendo conto che lo scontro tra il Genio e la Regina può dirsi concluso: il mio amico sta bene e si regge sulle sue gambe, la strega è poco più che un cadavere carbonizzato ai suoi piedi. Azzurro, in compenso, approfitta del mio attimo di distrazione per darsela a gambe come un disperato. Io faccio per seguirlo, quando mi accorgo che Biancaneve è uscita dal Lamp, attirata fuori dai rumori. Avanza incerta a piedi scalzi sul selciato, guardandosi intorno tremante.

«Bianca!», la chiamo, avvicinandomi a lei.

«Era la Regina Nera, quella? Quel porco era in combutta con la Regina?», domanda lei, esterrefatta.

«Bianca sta’ tranquilla: è tutto finito.»

La abbraccio, e lei affonda il viso nella mia spalla buona. Piange per qualche istante. Poi solleva il volto, mi guarda negli occhi, mi bacia su una guancia e mi dice solo: «Grazie». Io la stringo e cerco di avvicinarla per baciarle le labbra, ma lei si scansa e mi allontana. «Ho bisogno che qualcuno mi riaccompagni a Palazzo, ci sono delle cose che devo sistemare», dice.

Il Genio rientra silenzioso al Lamp of Arabia; avremo modo di parlare dell’accaduto domani. Io mi avvicino all’automobile con cui è arrivata la Regina e apro la porta per permettere a Bianca di entrare. Lei si ferma di colpo e sussurra: «Un momento? E Azzurro?».

Io guardo la direzione in cui è scappato il principino, noto la forma dei suoi tacchi sull’asfalto, sento l’odore che emana e intravedo la scia creata dal calore del suo corpo. Trovarlo sarà un gioco da ragazzi.

«Azzurro è morto», le dico. E non sto mentendo.

***

Sono passati due giorni. Il vento soffia tra le fronde degli alberi della Foresta Nera. Prima di addentrarmi tra le piante, passo in rassegna l’armamentario che ho portato con me. Per quello che mi appresto a fare, non voglio rivoltelle, fucili o altre modernità: una balestra e la mia fedele accetta saranno più che sufficienti. È giusto che sia così. È bello che sia così. L’aria è fresca e la brezza mattutina cerca di spazzare via il mio stato d’animo malinconico. D’un tratto mi sento osservato.

«Di’ la verità: non ti sembra vero», ringhia alle mie spalle una voce cavernosa.

«Lupo. Cosa vuoi?», rispondo sintetico.

«Solo farti gli auguri per una buona battuta di caccia.»

Guardo verso la Foresta: la vegetazione è talmente rigogliosa che in alcune zone, verso l’interno, rimane buio anche in pieno giorno. Forse è per questo che mi ci trovo tanto bene: la sento simile a me. Ho seguito le tracce di Azzurro fino a qua e ho scoperto che ha deciso di rifugiarsi proprio nel mio habitat naturale. Il Lupo ha ragione: non mi sembra vero.

«Cos’è poi tutto questo odio per Azzurro, Lupo?», gli domando.

Il lupo si accarezza il ventre con la delicatezza con cui si sfiora una cicatrice ancora aperta e mi guarda: «Io e quel buffone abbiamo avuto modo di conoscerci, da giovani, qualche millennio fa. Al tempo io ero poco più di un cucciolo, ancora debole, lui un boscaiolo con la passione per le dodicenni. E parliamo di una passione carnale. Sono sicuro che il mondo sarà un posto migliore senza di lui.»

«Sarebbe un posto migliore anche senza di te», commento, e lui sorride lusingato.

«Come sta la regina Biancaneve?», domanda poi.

«Non fingerti interessato», lo redarguisco. Poi però ammetto: «Sta bene. Sta già cercando un nuovo Re e stringe rapporti con i paesi confinanti. Forse si ritroverà a sposare un discendente di Rosaspina.»

Il Lupo emette una risata prolungata, che mi innervosisce. «E così l’eroe se ne torna a casa con la coda tra le gambe», dice sghignazzando, «e con il cazzo in mano!».

«Bada, Lupo…»

Accenno una reazione, ma non posso permettermi di affrontarlo. Non ora che ho Azzurro a portata di mano.

«Non sperare mai nel lieto fine, Cacciatore», conclude il Lupo mentre mi allontano ed entro nella Foresta. «È come i Principi Azzurri e le Principesse: non esiste.»

Non sono d’accordo. Penso al momento in cui troverò Azzurro, e quasi me lo visualizzo, rannicchiato contro un albero o dietro a una roccia. Mi guarderà e implorerà pietà, perché sa che sono più forte di lui. Io in tutta risposta gli domanderò: «Come era quel discorso sull’immortalità che stavamo facendo l’altra sera?», e poi gli taglierò quella stupida testa principesca.

Non è forse, questo, un lieto fine?

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