Bianca Noir Capitolo 5: Un patto con il Lupo

Ho interrotto la pubblicazione per un bel pezzo, ma ora si riprende! Rileggendo i vecchi post del blog, mi sono reso conto che sono passati ormai tre anni e mezzo dall’uscita di C’era una volta, la bella antologia dedicata al mondo delle fiabe a cui ho partecipato con il mio Bianca Noir (ne avevamo parlato qui). Dato che l’antologia è abbastanza difficile da reperire, ho deciso di ripubblicare quel racconto qui sul blog a puntate settimanali. Leggi qui i capitoli precedenti.

Bianca Noir Capitolo 5: Un patto con il Lupo

Il Lupo è una delle creature più antiche al mondo. Non appena la razza umana imparò a parlare, si riempì la bocca con le storie delle sue gesta: racconti di animali e bambini divorati vivi, di stupri e malefatte ai danni di chiunque osasse mettersi sulla sua strada. Col tempo ha imparato a specializzarsi e ora si dedica più che altro alla criminalità organizzata: i racket del gioco d’azzardo, della prostituzione e della droga dell’intero continente convergono in qualche modo nelle sue mani.

Il Lupo è un essere di pura crudeltà, questo è un fatto assodato: il tipo di cose che ti insegnano a scuola.

«Si trattava di una discussione privata, Lupo», gli dice Genio, senza scomporsi più di tanto.

«Ho le orecchie molto grandi, per sentire meglio», controbatte lui, poi mi si avvicina. «E così il Principe Azzurro non è poi affascinante come dicono. Che bella scoperta!»

«Questo non ti riguarda», rispondo io, ma mi accorgo che nella mia voce c’è un tremolio che non dovrebbe essere lì. Se ne accorge anche il Lupo e mi ridacchia in faccia.

«Perché vuoi aiutarlo, lupo?», lo incalza il Genio. «Cosa te ne viene?»

Il Lupo mi avvolge un braccio attorno alle spalle. «Beh, mi conosci, è più forte di me: se c’è qualcuno in difficoltà, non posso fare a meno di dare una mano. Che vuoi che ti dica?», ironizza. Poi, quando vede la faccia seriosa del Genio, continua: «Vi basti sapere che Azzurro… non mi sta simpatico».

Mi volto verso il Genio, aspettandomi una sua risposta, ma lui a sua volta si gira verso di me.

«Come la vedi, Cacciatore?», mi chiede.

Io squadro il Lupo con attenzione. Bisogna sapersi scegliere i propri amici e ancora di più i propri nemici. L’ultima volta che mi sono fidato di qualcuno che non mi convinceva, ho quasi strappato il cuore dal petto di Biancaneve. Sono così stupido da ripetere lo stesso errore?

«Non si fa niente in cambio di niente», rifletto ad alta voce. «Non mi va di ritrovarmi a essere in debito con te, Lupo.»

«Nessun debito, amico. Il mio premio sarà vedere Azzurro affondare nella merda.»

Poi, vedendomi ancora incerto, aggiunge: «Vedila così: nei tuoi anni da cacciatore, hai ucciso molti dei miei figli. I loro cadaveri reclamano vendetta. Il mio primo impulso sarebbe di strapparti la faccia e frantumarti tutte le ossa qui, seduta stante. Ma non lo farò, a patto che tu riesca a incastrare Azzurro. Pensi di farcela senza il mio naso?».

Non si può dire che non sia convincente.

«Potrebbe essere una buona idea, dopotutto», commenta il Genio.

«Ne dubito, ma quali alternative ho?»

«Questo è parlare!», esclama il Lupo gongolando. «Ho alcune cose da sbrigare in mattinata, affari in sospeso… ci vediamo alla baita nel primo pomeriggio, diciamo verso le due. Non fare tardi, perdo la pazienza facilmente.»

Poi toglie finalmente il braccio dalla mia spalla ed esce dal locale, permettendomi così di riprendere a respirare normalmente.

«Mi sembra la tipica decisione di cui presto mi pentirò», concludo.

«Può darsi, ma hai ragione tu: in questo momento non hai grosse alternative.»

«Ti lascio la macchina fotografica per fare il tuo Abracadabra, se non è troppo disturbo.»

«Nessun disturbo.»

Appoggio la fotocamera sul bancone e mi allontano senza salutare, ancora turbato dal patto che ho appena stretto con il Diavolo in persona. Nessun disturbo, ha detto il Genio. È un vero amico, sempre pronto a farsi in quattro per gli altri senza mai chiedere nulla in cambio.

Mi fermo poco prima di uscire e gli domando: «Come va con quella faccenda? Sei più uscito dal Lamp

«Proprio ieri ho aperto la porta e ho percorso tutti e quattro gli scalini dell’ingresso. Ho quasi messo un piede sul marciapiede. Il terapeuta dice che devo esserne orgoglioso». Riflette un attimo, e aggiunge: «Mi dispiace, Cacciatore, vorrei poterti essere di maggiore aiuto… se potessi venire io con te nella foresta al posto di quella bestia…»

«Vai tranquillo, Genio… a piccoli passi», lo rassicuro.

«A piccoli passi», ripete lui, ed esco dal locale appena in tempo per sentirlo dire tra sé e sé: «Fottuta agorafobia!».

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