È nelle sale italiane in questi giorni THE DISASTER ARTIST, il nuovo film diretto da James Franco che racconta il folle dietro le quinte della produzione del film THE ROOM di Tommy Wiseau, un film indipendente girato nel 2003 talmente brutto da essere diventato un cult.
THE DISASTER ARTIST, oltre a essersi portato a casa un Golden Globe per il Miglior Attore Protagonista (lo stesso James Franco), è candidato all’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale e sta ottenendo un consenso praticamente unanime di critica e di pubblico. Ovviamente, ha anche dato nuova visibilità internazionale alla pellicola di Wiseau, che molti stanno recuperando solo ora.
Ma THE ROOM non è l’unico film brutto sulla faccia della terra. Oserei dire che non è nemmeno uno dei più brutti, come sostiene qualcuno. Quindi ho pensato di raccogliere qui di seguito 5 film veramente brutti – e tutti italiani – che potreste voler vedere se avete amato THE DISASTER ARTIST e THE ROOM. Destino vuole che siano tutti di genere horror.
5. Zombi Horror – Le notti del terrore
Cominciamo con Zombi Horror – Le notti del terrore, film del 1981 diretto da Andrea Bianchi, regista noto a volte con lo pseudonimo Andrew White (già…), autore anche di Nude per l’assassino con Edwige Fennech e del controverso Malabimba.
Un gruppo di ospiti è invitato a una festa nel castello del Professore, scienziato (si capisce dal camice bianco) e archeologo. Quello che gli ospiti non sanno è che in realtà il Professore è morto pochi giorni prima: i suoi studi lo hanno infatti portato a risvegliare involontariamente uno stuolo di zombi etruschi. Sì, avete letto bene: zombi etruschi. Segue assedio degli zombi alla villa, con conseguente body count, sangue, smembramenti, ecc. ecc. Non vado a raccontarvi il finale per non rovinarvi la sorpresa.
Il film è terribile sotto più o meno tutti i punti di vista: recitazione, scrittura, continuità narrativa. Gli zombi sono brutti, lentissimi, ma capaci di fare cose inspiegabili (tipo lanciare i coltelli). Gli ospiti della villa sono tutti caratterizzati come dei borghesi un po’ porcelli che scopano ogni volta che possono e commentano la situazione con grande dispiego di aggettivi desueti.
Un personaggio, però spicca tra tutti. Il piccolo Michael è alla villa con la madre e il fidanzato di lei, di cui sembra ossessivamente geloso. A dirla tutta, il bimbo va ben oltre la semplice Sindrome d’Edipo: a più riprese smanaccia la madre, le si appiccica, la bacia, fino ad arrivare a strapparle un capezzolo a morsi (ehm, spoiler).
Voi direte: ma come, fanno fare tutte ‘ste zozzerie a un bambino? È qui che subentra il genio. Perché il piccolo Michael nella finzione scenica avrà circa 10 anni, ma nel film è interpretato da un nano, Peter Bark, che all’epoca di anni ne aveva 25 (noto tra l’altro che nella pagina Wikipedia di Peter Bark il piccolo Michael viene definito “un simpatico monello”… ahahahah!).

4. Patrick vive ancora
Molti sono i punti comuni tra Zombi Horror e Patrick vive ancora, film del 1980 di Mario Landi che – pratica piuttosto diffusa all’epoca – si spacciava come sequel di un film precedente che al tempo dell’uscita italiana aveva avuto un certo successo, Patrick, pellicola australiana diretta da Richard Franklin.
Anche qui abbiamo un gruppo variegato di personaggi arrapati (anche più arrapati di quelli di Zombi Horror) invitati col ricatto da uno scienziato nella sua villa isolata con l’obiettivo di svolgere un misterioso esperimento. In realtà verrà fuori che il figlio dello scienziato, Patrick per l’appunto, anni prima è stato colpito in testa da una bottiglia lanciata dal finestrino di un’auto in corsa ed è finito in coma. Il coma però ha risvegliato in lui dei poteri psichici latenti con cui potrà vendicarsi dei colpevoli. Gli invitati altro non sono che tutte le persone che stavano percorrendo quella strada nel giorno dell’incidente (!!!). Nel dubbio, Patrick li farà fuori tutti.
Il primo punto forte del film sono i dialoghi, d’un imbarazzo abissale, che terminano più o meno sempre o con una scena di nudità o con una bottiglia di J&B (negli anni Ottanta in Italia, prima della nascita del concetto di pubblicità occulta e della sua evoluzione nel concetto di product placement, le bottiglie di J&B erano praticamente in qualunque film horror ma in questo caso forse si sono superati).
Il secondo punto forte sono gli omicidi, tra cui spiccano il tizio che viene bollito vivo nella piscina, il tizio che vede calargli addosso un uncino a una lentezza esasperante e la tizia che viene trafitta da un attizzatoio nella vagina (ma che si mette prima bene in posizione per riceverlo).
Si segnala, nel cast, per aggiungere una nota trash finale, Carmen Russo.

3. Le porte dell’inferno
Le porte dell’inferno, diversamente dagli altri titoli che sono in questa lista, viene citato di rado quando si parla di film brutti, forse per non girare troppo il dito nella piaga di questo punto bassissimo raggiunto da un regista che nella sua filmografia ha diversi cult e film di ottimo livello, Umberto Lenzi.
Uno speleologo sta cercando il record mondiale di permanenza in isolamento in una grotta sotterranea, sotto il monitoraggio costante di alcuni suoi colleghi. Un’ora prima della fine della prova, il contatto visivo con la grotta si interrompe e quando riparte l’uomo è misteriosamente scomparso. Gli speleologi scendono a indagare e a loro si uniscono due archeologi che stavano facendo degli studi in una abbazia lì vicina ai cui sotterranei si arriva, pare, passando per le grotte.
Questo variegato gruppo, mentre viene decimato, scopre un’antica profezia che rivela che sette monaci uccisi sette secoli prima sono risorti per uccidere sette eretici (sì, avete capito: la parola d’ordine è sette, un numero che tra l’altro sarà onnipresente in qualunque omicidio, chi viene colpito da sette pugnalate, chi assalito da sette ragni, chi riporta sette contusioni… come immaginerete, la faccenda diventa imbarazzante abbastanza in fretta).
Qui una clip che vuole far sembrare questo film una cosa seria
La scena più bella è quando, ormai rimasti in tre o quattro, finalmente i protagonisti iniziano a collegare i puntini e capiscono che sono i monaci a ucciderli. E, insomma, sono un po’ perplessi, perché loro non si considererebbero eretici. Sennonché viene fuori che il gruppi dei cinque speleologi è composto da due ebrei, due protestanti e un ateo non battezzato. Per i canoni di sette secoli prima, queste cinque persone sarebbero considerate eretiche, dichiara uno che si crede sveglio. Un altro obbietta: e allora gli archeologi (che intanto sono morti)?
L’intervento di un altro dei sopravvissuti svela l’arcano: «Erano testimoni di Geova, me l’hanno detto prima di scendere nella grotta, e mi hanno dato anche degli opuscoli!». Applausi.
2. Il bosco 1
Il bosco 1 è stato diretto nel 1988 da Andrea Marfori, che al tempo si era laureato da poco al Centro Sperimentale e che dopo questo exploit avrebbe girato solo poche altre cose (pare abbia fatto parte del team di registi delle prime stagioni di Un posto al sole).
Il numero 1 nel titolo non tragga in inganno: non esiste Il bosco 2, anche se Marfori nel 2013 aveva rilasciato un teaser e annunciato che il sequel era in produzione. E, a dire il vero, tecnicamente non esiste neanche Il bosco “1”: quello che tutti oggi leggono come un “uno” nel logotitolo del film, in realtà doveva essere semplicemente un effetto di strappo pensato per aggiungere pathos alla sequenza iniziale del film. Non si capisce bene poi come abbia fatto a diventare parte del titolo vero.
La storia: una coppietta decide di andare in viaggio di nozze in campeggio sulle Alpi (che già…). Lui è un po’ scemo, lei ha un accento ammeregano very fintissimo. Per strada incrociano una misteriosa ragazza e uno scrittore di storie horror di nome Algernoon che va in giro con addosso un camice da scienziato pazzo e un berretto da aviatore. Fermatisi a dormire in una casa diroccata in mezzo a un bosco, si troveranno minacciati da uno zombie e da una strega che al posto degli occhi ha degli ovetti kinder.

Momento top: il protagonista maschile si ritrova davanti lo zombie, che solleva una pesante pietra e con essa gli stacca entrambe le mani. L’uomo corre disperato dalla moglie, mostrandole i moncherini. Lei suggerisce, un po’ sconvolta: «buttaci sopra dell’acqua, magari passa…».
Se vi interessa approfondire, qui sotto trovate un intero documentario dedicato a Il bosco 1.
1. La croce dalle Sette PIetre – La camorra contro il Lupo Mannaro
Ed eccoci alla medaglia d’oro dei film brutti! La croce dalle sette pietre di Marco Antonio Andolfi ha una cosa in comune con The Room: il regista del film è anche attore protagonista e sceneggiatore… e fa male tutte e tre le cose!
Il film inizia con un’orgia in cui fa una comparsata un demone uguale a Chewbecca, tale Aborym. Stacco. Svariati anni dopo, Marco, impiegato di banca romano, si reca a Napoli per visitare sua cugina Carmela. Arrivato alla stazione, subito, tipo appenamettepiedeinstrada, viene derubato della croce gemmata che porta al collo. Lui la prende malissimo e si mette sulle tracce dei ladri. Si scopre infatti che Marco è vittima di una maledizione: egli è figlio di Aborym e, se non indossa la croce, tutte le notti a mezzanotte si trasforma in una creatura mostruosa (ma mostruosa per i motivi sbagliati, vedi diapositiva).
Per ritrovare la propria croce gemmata, Marco si metterà contro la camorra intera, tra ricettatori che fanno le facce, gente che si scioglie al suo tocco, e una coppia stereotipatissima di scagnozzi che piantona la villa del boss dei boss impugnando i mitra e parlando di Maradona.
Provate a immaginare chi può essere tanto scemo da mettere i propri soldi in un film simile. Non ne avete idea? Ve lo dico io: il Ministero dei Beni Culturali della Repubblica Italiana!

Si diceva che Andolfi, che per la trama si è ispirato a uno scippo di cui è stato realmente vittima, oltre a essere stato il regista e lo sceneggiatore del film, è anche attore protagonista. Ma non si è fermato qui. Al portale Horror.it aveva riferito di essere stato anche:
«ideatore del soggetto, montatore, effettista, doppiatore di 7 voci e interprete di altri 2 personaggi secondari. Ed ho fatto anche lo stuntman in 2 momenti, perché l’attore aveva paura. E ancora organizzatore generale, senza aiuto regista, e per una parte del film, ho fatto anche il segretario di edizione. Poi ho fatto completamente il direttore di doppiaggio in post produzione e per la versione italiana e inglese, la direzione completa. Poi ho curato personalmente l’uscita al cinema a Palermo e Trapani e le vendite estere andando al MIFED di Milano».
Ultime due curiosità:
- scopro solo oggi da wikipedia che del film esiste una versione rimontata e ampliata che si intitola Talisman e che aggiunge sul piatto la situazione Africana (:O)
- Del film esiste un sequel dal titolo Riecco Aborym, un mediometraggio uscito nel 2007 direttamente su web che poi di fatto è un montaggio di scene del vecchio film con alcune scene nuove in cui un invecchiato Marco è a letto con una tipa.