TS+FF #2: Alone, Jumbo, Coma

Secondo appuntamento con i film del Trieste Science+Fiction Festival online su MyMovies dal 29 ottobre al 3 novembre! Oggi parliamo di un gioiellino inaspettato, di un film dalla messinscena raffinata all’insegna di una trauma a dir poco cringe e di un sorprendente film d’azione russo.

Alone

di Johnny Martin
(USA, 2020, 92′)

La furbeschissima sinossi sul sito del festival recita: «La scoppio di una terribile pandemia getta il mondo nel caos e gli esperti consigliano ai cittadini di auto-isolarsi per cercare di sopravvivere…». In realtà la pandemia in questione è una “semplice” apocalisse zombie vecchia maniera. Alan si sveglia in casa sua e il mondo fuori è cambiato: non riesce a contattare i suoi cari e tutto l’edificio è già invaso, la sua porta è l’unica cosa che lo divide dalla morte. La solitudine sembra essere più pericolosa della malattia stessa finché dall’altra parte del cortile non intravede un altro sopravvissuto. Anzi, una sopravvissuta: Eva.

Devo ammettere che questo Alone ha saputo stupirmi. Non tanto per la trama in sé, che poco aggiunge al genere salvo un ovvio parallelo con la situazione storica attuale, ma per il ritmo e in generale la buona tenuta della macchina narrativa. Il regista, Johnny Martin, è un ex-stuntman e stunt coordinator e il film – dopo una fase iniziale interlocutoria – è tutto azioni, inseguimenti e ansia e se la gioca bene senza fare neanche troppo ricorso al jump scare. Ma le sequenze action sono anche inframezzate da momenti più intimisti: si corre e si rallenta, si corre e si rallenta. Uno di questi momenti, che vede anche la presenza dell’intramontabile Donald Sutherland, è sicuramente tra i passaggi più belli e memorabili del film. Nota di merito anche a Tyler Posey, lo Scott McCall della serie tv Teen Wolf, che interpreta Alan. Non era il lupacchiotto più espressivo della cucciolata, ma sui ruoli molto fisici come questo si dimostra ancora una volta (e ancora più che in passato) in grado di dare il meglio. Il personaggio è piuttosto bidimensionale, ma finisci lo stesso con il volergli bene. Che è un po’ il miracolo che si richiede a un attore in film di questo tipo.

Jumbo

di Zoé Wittock
(Francia, Belgio, Lussemburgo, 2020, 93′)

Jeanne è timida e ama stare sulle sue, chiusa in camera a costruire modellini meccanici e giocare coi fili elettrici. Ha una madre molto pittoresca (che cerca di convincerla a trovarsi un ragazzo) e lavora di notte come addetta alle pulizie in un Luna Park. Ma quando al Luna Park installano una nuova giostra tilt-a-whirl, succede l’imprevedibile: Jeanne se ne innamora perdutamente.

Ok, non so che dire. Il film è un’opera prima ottimamente girata e recitata (bravissima in particolare la protagonista, Noémie Merlant) e con una messa in scena e un lato visivo anche piuttosto ricercati. Ma il livello di weirdness della trama è davvero troppo elevato, soprattutto se rapportato ai toni e alla grammatica da film d’autore. Alcuni l’hanno interpretata come un inno all’amore non convenzionale, ma… voglio dire… stiamo parlando di una giostra! Non so, sospendo il giudizio perché tutto sommato ha i suoi elementi di interesse, ma faccio molto fatica a consigliarlo.

Coma

di Nikita Argunov
(Russia, 2020, 111′)

Un giovane architetto, in seguito a un incidente, si risveglia in un mondo in cui le regole del buon senso e della fisica sembrano non valere, un universo parallelo in cui confluiscono le menti di tutti i pazienti in coma, popolato da tutti i loro ricordi e minacciato da oscure creature. Unitosi a un gruppo di guerriglieri che cercano all’interno di quel mondo un luogo di pace al riparo da ogni minaccia, scoprirà però che, persino in quella situazione, nulla è come sembra.

La prima vera, grande sorpresa di questo Trieste Science+Fiction Festival, per quanto mi riguarda: un blockbusterone d’azione con effetti speciali clamorosi e una trama avvincente e ben strutturata, nonostante qualche forzatura e qualche passaggio sin troppo telefonato. L’ultima produzione russa con lo stesso tipo di ambizioni produttive che m’era capitato di vedere era stato il discutibilissimo Guardians, che inspiegabilmente è stato distribuito anche da noi. Era davvero spiacevole, ho retto 20 minuti. Coma invece spacca la faccia e non ha nulla da invidiare alle mega-produzioni americane. Con i tempi che corrono le probabilità di vederlo al cinema da noi sono praticamente nulle, ma è un peccato perché l’aspetto visivo è davvero curato, mi ha pesato tantissimo guardarmelo sul mio povero mac a 13 pollici anziché su uno schermo adeguato! Se avete modo, recuperatelo!

Rispondi

Torna in alto