Arrivo tardi, ma finalmente aggiorno anche il blog, ché magari qualcuno è finito qui proprio per questo motivo. Su RaiPlay è possibile ormai da un po’ vedere il cortometraggio Revenge Room, scritto da me e diretto da Diego Botta. Nel cast ci sono Eleonora Gaggero (Alex & Co., Come diventare grande nonostante i genitori), Luca Chikovani (Lazzaro Felice), Manuela Morabito, Violante Placido e Alessio Boni (di questi ultimi tre non sto a mettervi tra parentesi film di riferimento perché non finirei più).
È il mio primo cortometraggio prodotto e questo qua sopra è il cast. Ci credereste?

Il corto nasce dalla sceneggiatura con cui ho vinto il contest La realtà che non esiste, promosso da One More Pictures e Rai Cinema. La “consegna” era di proporre una storia che potesse essere valorizzata dalla tecnologia di visione in VR360.
La versione in 360 del corto (chiaramente rimaneggiata e un po’ ripensata rispetto al lineare disponibile su RaiPlay), sarà presentata il 26 settembre a Roma e distribuita poi su Rai Cinema Channel VR. Più avanti si aggiungerà all’equazione un video-mapping narrativo di cui però confesso di non sapere nulla.

Il tema affrontato, importantissimo, è quello del Revenge Porn, la diffusione non autorizzata via web di foto e video privati a sfondo sessuale. È un fenomeno diffusissimo e sembra addirittura si sia intensificato durante il recente lockdown. Un recente studio della European Women’s Lobby stima che negli Stati Uniti ne è stata vittima una persona su 25, nel Regno Unito e in Australia una su 3 e che in Europa circa 9 milioni di
ragazze hanno subito una qualche forma di violenza online prima dei 15 anni. In coda al corto trovate tutti i dati del caso e qualche spunto per approfondire.
Due parole sulla sceneggiatura (spoiler ma neanche tanto)

La scrittura del cortometraggio è partita dalla black room, la stanza misteriosa in cui uno dei protagonisti, Davide, si ritrova rinchiuso senza sapere perché. Volevo un contesto claustrofobico e misterioso che permettesse di sfruttare a fondo le potenzialità della tecnologia VR, un ambiente che lo spettatore stesso potesse voler esplorare, in cerca di indizi. Da appassionato di escape room, replicare quel tipo di dinamica mi sembrava l’ideale. Ci voleva però un contraltare esterno, qualcosa che accadesse “fuori”, sia per una questione di ritmo, sia per dare l’idea di una pluralità di punti di vista sulla vicenda narrata. Nella strutturazione del progetto, poi, le situazioni ambientate fuori dalla stanza hanno assunto in maniera del tutto naturale un ruolo più preponderante, al punto che anche il luogo in cui si svolgono, la camera da letto di Federica, è diventato quasi uno specchio della black room (o forse è più corretto dire che la black room è uno specchio della camera da letto di Federica).
Federica e Davide si trovano, ciascuno nella “sua” stanza, a svolgere un proprio percorso di autoconsapevolezza, lei dal punto di vista della vittima, lui dal punto di vista del carnefice. La tremenda esperienza di Federica è modellata su quelle di molte vittime di revenge porn. Le fonti a cui ho attinto sono articoli di cronaca, interviste rilasciate a varie testate online e soprattutto l’interessante archivio di testimonianze raccolte dalla Cyber Civil Rights Initiative, un’associazione che opera a livello internazionale sensibilizzando sul tema e offrendo servizi di sostegno alle vittime.
Per quanto riguarda Davide, al di là della scontata condanna degli atti da lui compiuti, più che sulle sue colpe ho tentato di focalizzarmi sulla sua volontà di redenzione. Questo perché affrontando un tema delicato come il revenge porn, la tentazione di colpevolizzare il singolo e fermarsi lì è alta, ma trovo che sia importante affiancare a una netta identificazione delle colpe specifiche una riflessione più ampia sulla società in cui viviamo e sui motivi per cui determinate dinamiche avvengono e continuano ad avvenire.